lunedì 15 luglio 2013

Dell’Elba, dei lieviti selezionati e dell'omologazione del gusto


Proprio in settimana, leggendo il post di Andrea a Gli Amici del Bar sul prosecco di Carolina Gatti e i successivi commenti, mi è venuto di getto di scrivere questo breve post sull’omologazione del gusto dei vini.
La scorsa settimana l’ho passata all’isola d’Elba in ferie.
Frequento l’Elba da alcuni anni ed ormai ho passato e ripassato praticamente tutte le aziende isolane,
assaggiando e riassaggiando.
E’ disarmante l’omologazione del gusto dei vini di più o meno tutti i produttori.
L’uso sistematico dei lieviti selezionati ed altre pratiche di cantina fanno sembrare i vini tutti uguali, soprattutto i bianchi, dove l’Ansonica si confonde col Vermentino e quest’ultimo, a sua volta, col Procanico.
E magari tutti si possono scambiare per un Muller Thurgau trentino.
Per non parlare dei vini da uvaggio, praticamente fotocopiati.
Intendiamoci, non sto parlando di difetti o vini cattivi, ma di vini precisini, puliti, che non provocano nessuna emozione, azione o reazione, se non quella di accompagnare, dignitosamente, la cucina locale.
Con qualche rara eccezione.
Dei vini assaggiati quest’anno, gli unici che mi hanno colpito sono stati l’Ansonica Acquacalda per profondità e il rosato Acquabona per piacevolezza di beva.
Ma l’azienda che fa sempre la differenza, per il mio modesto parere, è Le Sughere di Rio nell’Elba.
Nonostante, anche qui, si usino lieviti selezionati, i vini hanno tutti più carattere degli altri.
L’Ansonica è quest’anno incredibilmente fresca e profonda con un attacco salato e profumi particolari, non pulitissimi, ma intriganti, arrivati probabilmente da una breve macerazione sulle bucce.
La versione affinata in legno paga ancora l’appesantimento dovuto alla botte, magari un po’ di bottiglia…mah...
Vermentino in costante crescita ed Elba bianco sempre molto buono.
Non oso immaginare cosa potrebbe dare, enologicamente parlando, questo pezzo di Toscana disperso in mare, se i produttori avessero il coraggio di osare di più.
Terreni rocciosi e ricchi di minerali, pendii ventilati a picco sul mare, rinfrescati da fitti boschi e montagne di 1000 metri alle spalle.
Condizioni ideali, perfette per grandissimi vini.
Ma del resto non si può biasimarli, il vino viene venduto praticamente solo sull’isola a prezzi mediamente alti e quasi tutto finito durante la stagione turistica.
Cosa si potrebbe volere di più ?

P.S. Stanno iniziando a comparire, su alcune etichette, le simpatiche bandierine verdi del biologico comunitario, con tanto di diciture.
Un'altro pasticcio all'italiana, o meglio, all'europea ?

13 commenti:

  1. Anch'io non oso immaginare...isola e terra che gli Etruschi ben conoscevano...certo bisognerebbe non aver timori e avere una visione differente e più naturale ma questo riguarda non solo il vino, più invecchio sui calici più mi rendo conto che fare o bere vino bio non è sufficiente, bisogna cambiare sguardi e atteggiamenti verso le viti e le vite che ci circondano.
    Gran bel post!

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  2. Grazie mille di essere passati, e dell'apprezzamento.

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  3. Il punto è proprio quello della vendita immediata, a che pro sbattersi per tentare qualcosa di nuovo? Nessuno sprona a provarci, eventuali rischi sono tutti a carico proprio. E quindi, lavorazioni a rischio minimo, guadagno assicurato. Peccato, certo, ma anche il vino è un prodotto commerciale, minimizzare i costi, limitare i rischi, massimizzare il guadagno. Ben scritto.

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    1. Esatto, ma è anche in questo che Le sughere fa la differenza.
      Da quest'anno, ha pure eliminato la piccola percentuale di Cabernet Sauvignon che aggiungeva al Rosso, passando al 100% Sangiovese.
      Adesso ha in vendita il rosso 2010 ( 2 anni in legno ) e il Riserva 2009 ( 3 anni ).
      Sta sperimentando l'Ansonica in legno ( non lo vedo troppo riuscito ).
      Da 2-3 anni ha prodotto uno spumante Martinotti da uve Chardonnay, mai fatto fino ad ora da nessuno sull'isola.
      Spero che, a breve, gli venga in mente di tentare la strada dei lieviti indigeni ( gli ho messo la pulce nell'orecchio ). :)

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  4. Daniele, è successo più o meno anche a me in Sicilia durante alcune cene al ristorante (mi sono poi rifatto andando a trovare alcuni produttori che stimo molto).
    Bevendo uno Zibibbo, ho esclamato: ma questo è un buonissimo Kerner dei produttori della Valle Isarco. Tra l'alto, il loro Aristos, è buonissimo!
    A tempo debito, ne scriverò anche io.

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  5. E' che, ultimamente, succede un pò troppo spesso.
    Ovunque tu vada, i vini che puoi bere o che ti propinano, assomigliano sempre di più ad altri di altri posti.
    Va bene che i vini trentini sono buoni, ma mi piacerebbe berli sul posto, o magari ordinarli al ristorante sapendo cosa mi aspetterà.
    Invece te ne vai in ferie Isola Capo Rizzuto ( si fa per dire, non ci sono mai stato ) e ti ritrovi nel bicchiere un Mantonico Bianco che sembra un Silvaner: no, grazie !
    Grazie Riccardo per la conferma, ormai l'omologazione non ha latitudine.

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  6. Ma l'omologazione non può essere data dai lieviti selezionati, altrimenti tutti i vini degli anni 60, 70, 80 dovevano essere omologati. Molti li erano ma non tutti, così come ora. Il problema è che i vini buoni saranno sempre pochi, perché l'eccellenza è appunto eccellenza e quindi è rara. Riguardo al fatto che un vino pulito non abbia "anima", beh lasciamo perdere và. Mi pare che esistano decine di vini puliti con molta "anima" , come la chiamate. Riguardo al potenziale del terroir dell'Elba, sospenderei il giudizio fino a quando non avremo uno storico sufficientemente ampio: se i criteri per stabilire la grandezza di un terroir fossero quelli elencati sopra, allora Margaux o Pauillac non sarebbero niente... Via ragazzi, su.

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  7. Ok, mettiamo che l'omologazione non sia data dai lieviti selezionati.
    Allora da cosa è data ?
    Perchè quei vini, soprattutto i bianchi sembrano tutti uguali ?
    I rossi invece, dove c'è più contatto con le bucce, si differenziano di più.
    I vini che ho assaggiato io li ho reputati buoni, non ho trovato difetti particolari e si sono bevuti anche bene (quasi tutti).
    Di eccellenza all'Elba ce n'è poca, soprattutto per i motivi spiegati sopra, anche da Rolando.
    Io non trovo gran carattere (non ho palato di anima) in quel tipo di vini, se tu lo hai trovato, spiegami dove.
    Sulle potenzialità del territorio, penso non ci siano dubbi, ma non si può cero paragonarle con delle zone di pianura.
    Non esiste una condizione univoca di territorio per fare grandi vini, se ne trovano di ottimi in alta montagna, o sulle coste, od in collina, ma anche in pianura.
    Potremmo allora paragonare la bassa ferrarese al Medoc, anche li c'è una foce di un grande fiume.
    Scusami ma non ho colto il senso del tuo paragone.
    Saluti.

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    1. Ciao Daniele, stavo pensando al commento qui sopra di Fabio. E, a ben vedere non ha tutti i torti (IMHO). L'impressione che ho avuto io dei vini elani e' che siano vini "turistici". Il turista che va all'Elba non va li per il vino (l'Elba non e' la Langa!), il vino e' una conseguenza. Che poi ci siano prodotti interessanti e' fuori di dubbio (http://oggibevo.blogspot.it/2012/06/oggi-bevo-ansonica-zampicata-ansonica.html) ma la maggior parte nasce e muore sull'isola tra le tavole dei ristoranti, alberghi e case vacanza. Vini che costano tanto in rapporto a quello che offrono ma che sono comunque abbordabili e che consentono buoni margini di guadagno per tutti (i prezzi in cantina o a scaffale spesso sono gli stessi). Vini semplici senza tante pretese.
      Almeno questa e' l'idea che mi son fatto io.
      Che dici? :-)

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    2. Ciao Gabriele,
      quello che tu dici è esatto, è quello che penso anch'io, confermato pure da Rolando.
      La qualità non è alta per il fatto che spieghi anche tu, non perchè il territorio non è favorevole.
      Sono convinto che ci possano essere grandi margini di miglioramento, ma si dovrebbe "osare" di più, cosa che non viene fatta, perlomeno dalla maggioranza.
      E poi la questione principale è l'omologazione.
      Come è possibile che i vini siano cosi uguali tra di loro, senza che ci siano di mezzo pratiche di cantina standardizzate ?
      Grazie del contributo.

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    3. Rieccomi: l'omologazione per me non e' data tanto dalle pratiche di cantina quanto dalla volonta' di proporre vini semplici senza tante pretese, che non spaventano il consumatore e si vendono senza tanti problemi. La Zampicata nel Palmento di Montefabbrello, ad esempio e' un esempio interessante: a parte il fatto che costa 18/20 euri, viene vinificato sulle bucce, fermentato con i suoi lieviti in legni vecchi e imbottigliato senza chiarifiche ne filtazioni. Io l'ho preso (e non mi ha fatto impazzire...) e tu lo prenderesti. Poi??? Tant'e' che ne fanno una o due barrique e basta.
      Sulle potenzialita' del terroir non mi esprimo, magari e' grande e ancora non lo sappiamo. Ma magari no!
      E comunque rimane un gran bel posto.
      Salute!

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  8. Buona anche la tua teoria, comunque il risultato finale non cambia.
    Sicuramente per proporre vini semplici adatti al pubblico devono comunque passare da tecniche in cantina che eliminino evevtuali inconvenienti, e ritorniamo al punto di partenza.
    Stiamo dicendo entrambi la stessa cosa.
    L'esperimento di Montefabrello si rifà sicuramente ad una pratica antica usata sull'isola, resta comunque, come dici tu una piccola quantità.
    Ma forse hanno bisogno anche di questo, di sperimentare, è quello che dicevo anch'io: osare.
    Sul posto niente dubbi, è bello e basta!
    Nessuna discussione su questo :)
    Grazie Gabriele !

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